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I dazi statunitensi minacciano decine di migliaia di posti di lavoro

Interlocutore  Noé Blancpain Noé Blancpain
Responsabile della divisione "Comunicazione e Public Affairs"
+41 44 384 48 65 +41 44 384 48 65 n.blancpainnoSpam@swissmem.ch
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L' unione fa la forza

Un dazio del 39% sui prodotti svizzeri colpisce duramente l'industria tecnologica, fortemente orientata all'esportazione. Particolarmente colpite sono le PMI. Diverse decine di migliaia di posti di lavoro sono a rischio. Sono necessarie misure mirate a sostegno dell'industria d'esportazione.

La botta dei dazi doganali statunitensi è uno shock: 39% sui prodotti svizzeri. Per molte aziende questo significa la perdita di tutto il loro giro d'affari negli Stati Uniti. Particolarmente colpite sono le PMI dell'industria tecnologica, che non sono nella situazione di poter trasferire la loro produzione negli Stati Uniti. Per molte rappresenta una minaccia alla loro esistenza. L'industria tecnologica esporta l'80% dei propri prodotti. Gli Stati Uniti sono un mercato di sbocco molto importante. Con i nuovi dazi, in America i prodotti svizzeri diventano da subito più cari del 39%. Questo li rende non più competitivi nei confronti della concorrenza statunitense, europea e giapponese. Le conseguenze: in Svizzera sono a rischio decine di migliaia di posti di lavoro, non solo nell'industria tecnologica, ma anche in altri settori di esportazione come l'orologeria, la tecnologia medica e, presumibilmente, l'industria farmaceutica.

È una questione che ci riguarda tutti!

La Svizzera guadagna un franco su due grazie al commercio estero. Se l'industria delle esportazioni va male, il nostro benessere è a rischio. Non ci saranno più fondi sufficienti per la sicurezza sociale, la sanità e la manutenzione delle infrastrutture. Questo dato di fatto avrà conseguenze negative anche per i settori del mercato interno quali il settore alberghiero e della ristorazione o l'edilizia – e per ognuno di noi! 
 

L’industria Tech svizzera in cifre

  • Numero di collaboratrici e collaboratori: 329’000
  • Quota parte del PIL: 7%
  • Quota parte alle esportazioni: 78%
  • Numero di posti di formazione: 20’000
  • Quota parte di PMI: 96% 
     

C'è ancora la possibilità di poter raggiungere una soluzione migliore. Per questo motivo, il Consiglio federale deve continuare a negoziare con gli Stati Uniti mantenendo la calma.

Ora è necessaria la coesione

Il mondo di oggi è diverso da quello che era prima del 1° agosto 2025. Questo «compleanno nero» della Svizzera deve dare libero sfogo alle nostre forze: la politica, l'economia e l'intera società devono unirsi a sostegno dell'industria delle esportazioni. Date un sostegno alle richieste dell'industria tecnologica, per il bene di tutti noi.  
 

1. Aumentare a 24 mesi la durata massima delle indennità per orario ridotto

Nella sessione autunnale del 2025, il Parlamento avrà la possibilità di aumentare da 18 a 24 mesi la durata massima delle indennità per orario ridotto. Si tratta di una misura importante per evitare licenziamenti di massa. Una proposta in tal senso è già stata presentata alle commissioni parlamentari ed è sostenuta da Swissmem e dalle parti sociali. È necessaria una decisione con procedura d'urgenza affinché la modifica temporanea della legge possa entrare in vigore con effetto immediato.  

2. Promuovere l'innovazione

Molte aziende possono affermarsi sul mercato globale solo con prodotti innovativi. Dopo una crisi industriale durata quasi tre anni, legata alla congiuntura economica, molte aziende non dispongono dei fondi necessari da destinare all’innovazione. A questo si aggiungono ora le perdite nelle esportazioni dovute ai dazi statunitensi. Innosuisse può dare un importante contributo alla promozione dell'innovazione con due misure:  

  1. attraverso un aumento significativo del finanziamento dei progetti e
  2. riducendo o eliminando il contributo in contanti delle aziende per il 2026. Si tratterebbe della proroga di una misura già in atto. 

Inoltre, i progetti devono essere avviati soprattutto dalle aziende e in minor misura dalle università.

 

3. Nessun ulteriore aumento della spesa sociale, e tanto meno attraverso i costi accessori del lavoro

Il Parlamento sta attualmente discutendo un'ondata di nuovi costi sociali: oltre 10 miliardi in più per l'AVS, maggiori finanziamenti per gli asili nido e un congedo di paternità o parentale. Semplicemente, non ci sono i soldi per farlo. Le nostre aziende e i nostri collaboratori pagano già costi salariali accessori per l'AVS pari all'8-10% della massa salariale. Le proposte in Parlamento mirano ad aumentare questi costi accessori con un ulteriore trattenuta sul salario del 1,2%. Le aziende non possono più farsi carico di un tale onere. 

4. La legge sul materiale bellico deve essere adeguata secondo il progetto del Consiglio degli Stati

Nella sessione autunnale, la revisione della legge sul materiale bellico (LMB) sarà sottoposta al Consiglio nazionale. Quest'ultimo dovrà confermare integralmente le modifiche legislative del Consiglio degli Stati. Le norme molto restrittive in materia di esportazione di materiale bellico non solo stanno mettendo in ginocchio l'industria locale degli armamenti, ma mettono anche a repentaglio la sicurezza della Svizzera. Le decisioni del Consiglio degli Stati sono passi importanti in materia di politica di sicurezza. Se saranno approvate anche dal Consiglio nazionale, consentiranno di esportare nuovamente armamenti verso Stati partner, rafforzeranno la fiducia nell'affidabilità della Svizzera e garantiranno la base economica dell'industria degli armamenti. Con questo migliorerà anche la sicurezza del nostro Paese, poiché senza un'industria degli armamenti propria la Svizzera non può mantenere l'operatività del proprio esercito sul lungo termine. Contro la revisione della LMB sarà indetto un referendum. Aiutateci a respingerlo.  

5. Nessun ulteriore inasprimento della politica climatica

Il percorso di riduzione delle emissioni di CO₂ del 2,25% all'anno deciso dal Consiglio federale è semplicemente irrealizzabile per motivi tecnici ed economici. In passato, le aziende del settore tecnologico hanno sempre investito nelle migliori tecnologie disponibili. Questo non può però essere fatto ogni anno. In ultima analisi, questa rigida normativa costringerà le aziende a chiudere. Ciò equivale a una deindustrializzazione imposta dallo Stato. Il Consiglio federale deve correggere questa ordinanza.  

6. Nessun meccanismo di compensazione delle emissioni di CO2 – Non copiare gli errori dell'UE!

Secondo uno studio, la compensazione delle emissioni di CO2 aumenta del 50% il prezzo dei compressori prodotti in Europa. Anche altri prodotti subiranno un forte aumento dei prezzi. I produttori perderanno così i loro mercati di sbocco al di fuori dell'UE. Questo ridimensionamento forzato dell'attività mette però in discussione anche la sede produttiva in Europa. L'UE sta per distruggere il proprio tessuto industriale con una politica climatica troppo ambiziosa. Una tale follia non deve verificarsi in Svizzera. 

7. I prezzi dell'energia elettrica devono essere economicamente sostenibili

Molte aziende industriali dipendono da un approvvigionamento elettrico sicuro e sostenibile a prezzi economicamente sopportabili. Non si deve quindi perdere il controllo sui costi legati alla rete. Tre misure sono urgenti:  

  1. Non va modificata l'attuale ripartizione dei costi di rete (top down). Questo tutela le aziende industriali che già oggi utilizzano tecnologie moderne e producono in modo efficiente.
  2. L'immissione di energia elettrica deve essere soggetta a criteri di mercato validi per tutte le forme di produzione di energia elettrica. In caso di prezzi negativi dell'energia elettrica, anche i produttori (privati) di energia fotovoltaica ed eolica devono pagare per l'immissione. Questo li incentiva a investire nella tecnologia delle batterie o a interrompere volontariamente la produzione.  
  3. Per ridurre al minimo i costi di stabilizzazione della rete, è assolutamente fondamentale l'accordo sull'energia elettrica con l'UE.

 

8. Nessuna legge sul controllo degli investimenti

La prevista legge sul controllo degli investimenti non porta nulla se non burocrazia e regolamentazione. Dobbiamo essere contenti che aziende estere abbiano la volontà di investire in Svizzera. La politica e l'Amministrazione non devono dettare chi ha il diritto di acquistare cosa qui. Le infrastrutture strategicamente importanti e rilevanti per il sistema, come l'approvvigionamento di energia elettrica e idrica e le ferrovie, sono comunque di proprietà dello Stato e quindi protette da accessi indesiderati.  

9. Conquistare nuovi mercati grazie ad accordi di libero scambio nuovi o migliori

Negli ultimi anni il Consiglio federale ha lanciato una campagna commerciale di successo. L'accordo di libero scambio con l'India è ottimo. Ora devono essere ratificati in tempi brevi anche quelli con il Mercosur, la Thailandia e la Malesia. È inoltre necessario migliorare gli accordi di libero scambio esistenti con la Cina, il Giappone e il Messico. Naturalmente è possibile opporsi con un referendum. Chi lo fa, però, deve essere consapevole di una cosa: sta mirando deliberatamente e in modo malintenzionato alle spalle di 330’000 collaboratori dell'industria tecnologica e di innumerevoli altri lavoratori di altri settori orientati all'esportazione.  

10. Gli accordi bilaterali III sono ora più importanti che mai

I nuovi accordi bilaterali con l'UE assumono ora un'importanza ancora maggiore. L'UE è e rimane di gran lunga il principale partner commerciale della Svizzera. Nell'attuale contesto, rapporti buoni e stabili con i nostri vicini immediati sono più importanti che mai.  

Il meccanismo di risoluzione delle controversie con le sue misure compensative è agli antipodi rispetto ai dazi imposti arbitrariamente dal presidente degli Stati Uniti. Nel quadro della risoluzione delle controversie possiamo difendere i nostri interessi sulla base di regole chiare. Con i dazi statunitensi, invece, siamo in balia di pura politica di potere. Inoltre, misure compensative non sono misure punitive.  

In certi ambienti, i pagamenti di coesione di 350 milioni di franchi dovuti in futuro vengono spesso equiparati a dazi doganali. Questo non regge alcun confronto con i dazi statunitensi. I 350 milioni di franchi rappresentano appena lo 0,25 per cento dei costi doganali statunitensi. In altre parole: minori di 156 volte!  

Gli accordi bilaterali III non devono però indebolire il mercato del lavoro flessibile. Il pacchetto di 13 misure concordato dalle parti sociali deve essere approvato dal Parlamento senza apportare modifiche. Il Parlamento deve invece respingere il massiccio potenziamento della protezione contro il licenziamento di sindacalisti. Questo darebbe origine ad una malsana società a due classi tra i lavoratori. Questo sarebbe sbagliato.



Ultimo aggiornamento: 04.08.2025